top of page
Immagine del redattoreCangrande On Life

"È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante!"

Sotto sedazione

“Marco, sei stato trasferito a borgo Trento. Sei legato per evitare che tu ti tolga gli accessi per le terapie e il cibo. Sei ancora sotto sedazione, che verrà alleggerita nei prossimi giorni. Il tubo che ti trovi alla bocca verrà tolto i prossimi giorni”.

Queste sono state le prime parole che mi sono state dette dai dottori e infermieri che al mio risveglio erano davanti al mio letto. Parole che parevano confuse rispetto a ciò che mi avevano detto all’ospedale di Villafranca e da come avevo vissuto i venti giorni di coma farmacologico.

Essere malati di COVID non prevedeva questo: un po’ di febbre con una decina di giorni di positività e poi sarebbe tutto finito. Così si sentiva in giro, da coloro che avevano avuto la sfortuna di essere stati contagiati. Oltre a questi c’erano anche i numeri, quelli sentiti dai telegiornali, di posti letto occupati nei reparti e nelle terapie intensive. Numeri che riportavano alla mente il viso di qualche conoscente che si era aggravato e che era stato ricoverato in ospedale.

Lo 0,05 %...

Eppure, ero lì, facendo parte così del 0,05% dei giovani che arrivano sul letto della terapia intensiva a causa del COVID.

Un imprevisto fuori da ogni schema, oltre ogni progetto che mi fossi fatto. Un po’ come quando arriva l’imprevisto nell’età dell’adolescenza che, come un’imboscata, fa saltare la facciata della persona che ci stavamo costruendo, mettendo a nudo chi siamo veramente. È così tornato fuori quel Marco che anche dieci anni fa si è lasciato sorprendere da una ‘chiamata’ ad una vita completamente imprevista e di cui ne sto assaporando la bellezza.

Davanti a queste ‘imboscate’ si può reagire in due modi: o si affronta con il bagaglio fatto di relazioni, eventi, occasioni di crescita, che si ha sulle spalle, o si vive di rimpianti ‘schiantandosi’ in modo permanente contro questi muri, vivendo la vita come un’eterna ingiustizia.

Don Marco con fisioterapisti dell’ospedale di Borgo Trento 7 maggio 2021

Ciò che conta ..

Due sono gli aspetti principali che sono stati fondamentali in questi momenti difficili: sentire quanto le persone che avevo accanto mi volessero bene, accogliendo questo immenso dono, e iniziare un percorso dentro me che mi facesse capire chi veramente fossi.

Tra le persone che mi hanno sostenuto dieci anni fa c’è stata anzitutto la mia famiglia, che vedeva la mia felicità come prioritaria per me e per loro. Fondamentale è stata la vicinanza degli amici che, seppur non trovassero senso alla mia scelta, mi hanno sostenuto dandomi coraggio e vicinanza. Tra questi ci sono state le amicizie avute durante gli anni fatti nel nostro glorioso Cangrande.

A distanza di dieci anni il COVID è entrato a gamba tesa nel mio cammino riportandomi ad assaporare quanto, nel toccare quasi il fondo della vita - la morte - a causa di una compromissione dei polmoni, sia stato essenziale per me e soprattutto per i miei cari, aver avuto tante persone che ci sono state vicine.

Le relazioni non hanno la retromarcia

Non fatevi ingannare dal fatto che probabilmente alcune relazioni credete siano andate “perse”, perché, come direbbe il piccolo principe, “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. Tempo fa qualcuno mi diceva che le relazioni non hanno la retromarcia, possono solo andare avanti. È stato nel momento di questa difficoltà che sono riaffiorate tante persone che non sentivo da anni, ma che, per il fatto di aver condiviso una parte del cammino della vita insieme, hanno deciso di farsi vicini, proprio per la preziosità del tempo vissuto insieme.

Poi, da avere sempre presente, è il vivere la propria vita come bene prezioso e che dev’essere vissuta nella sua copia migliore, sempre, anche se a volte è difficile, perché abbiamo un ‘lato oscuro’ che ci trascina troppo spesso a prendere alcune decisioni che non vorremmo mai fare.

Passando dal reparto COVID dell’ospedale di Borgo Trento al reparto di riabilitazione di Negrar ho visto e sperimentato quanto sia necessario, anche se con difficoltà, cercare continuamente di volere il meglio per se stessi. Questo mi ha portato ad avere una ripresa rapida con progressi e miglioramenti che si vedevano di giorno in giorno.

Le buone relazioni contano

I mesi vissuti in ospedale mi porterebbe a scrivere tanti altri aspetti che ho sperimentato, ma credo che, nella vita di tutti i giorni, di voi giovani, siano prioritari i due che vi ho scritto sopra: vagliate e tenete le relazioni buone, quelle che vi fanno crescere, quelle che vi permettono di poter camminare insieme la strada della vita.

E anche se a volte sembra che qualche persona si allontani perché non ci si sente o ci si vede più, non è così. Perché ciò che vivete e avete vissuto fa tutto parte del grande zaino che ognuno di noi ha sulle spalle, e che, nel bene e nel male, porta in se volti, relazioni, scelte fatte.

Non bisogna però vivere con angoscia tutto questo, perché ognuno di noi possiede una perla preziosa, che in modo singolare ci è stata donata e che a noi ci è chiesta di custodire.

E in questa troviamo il nostro carattere, la nostra persona e il bene che possiamo fare alle altre persone.

Grazie !!!

Ringrazio ancora una volta tutti i professori e compagni del Cangrande che come amici mi sono stati vicini in questi anni e di come, da amici, si sono tenuti in contatto con tutto il bene che mi hanno voluto.

Sono originario di Pescantina e svolgo il mio servizio nella comunità di Bussolengo come prete da 3 anni.

don Marco Accordini


 


384 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page